Dell’attesa che ci attanaglia e della risoluzione.

A volte ci sentiamo vittime degli eventi, ciò accade specialmente quando ci sembra che qualcosa non dipenda da noi e siamo obbligati ad attendere del tempo per ottenere quello a cui stiamo ambendo. Il nostro traguardo è lì, lo abbiamo visualizzato, abbiamo mosso tutti i passi necessari per raggiungerlo ma c’è un momento (e credetemi c’è sempre) in cui la prossima mossa non dipende da noi ma da qualcun altro che deve aggiungere quel tassello che manca, necessario al raggiungimento della nostra meta.

Può essere la risposta a un colloquio di lavoro, il risultato di un esame clinico, la concessione di un mutuo, l’esito di una proposta di matrimonio, il perdono chiesto a una persona cara per un’azione fatta che ci tormenta il cuore, l’attesa del responso di un esame dato.

Può essere tutto questo e molto altro ancora

in ogni caso c’è di mezzo il tempo che non scorre come vorremmo. Quello stesso tempo con il quale ce ne andavamo lietamente a braccetto sul lungomare, ora sembra un alieno che detta una legge che fatichiamo a comprendere e che per questo ci agita, ci innervosisce, ci manda in confusione e ci impedisce di pensare ad altro.

Siamo dunque vittime impotenti in questi frangenti?

Siamo quello che pensiamo di essere.

Pensiamo di esser vittime? Lo siamo certamente.

Ma chi lo ha stabilito se non noi stessi?

Chi ha deciso come reagire nell’attesa se non noi stessi?

«Non posso farne a meno» E sia, non farne a meno.

«Sono divorato dall’ansia» Sii divorato dall’ansia.

«Non riesco neppure a mangiare» Non mangiare.

Tutto ciò avviene unicamente a livello della mente ogni volta che le permettiamo di prendere posto sul trono che non le spetta.

E siccome ci sembra anche di non avere scelta, di non essere in grado di decidere altrimenti, allora l’unica cosa che resta da fare in quei momenti è accettare la sudditanza verso una regina che occupa il suo posto solo perché l’abbiamo incoronata noi.

E poi?

Conoscete qualcuno (valgono anche parenti di terzo grado e amici) che è morto di crepacuore per l’attesa? O qualcuno che agitando convulsamente le braccia e le gambe abbia fatto passare quel maledetto tempo più velocemente? Io no.

E quindi?

E quindi l’unica cosa da fare è togliersi da lì, uscire da quel tempo ma soprattutto abbandonare la sala del trono dell’usurpatrice che infine attende soltanto di essere lasciata in pace perché la mente sa benissimo di non essere la regina di nulla, sa di essere un’ape operaia e quindi di dover eseguire e non decidere.

Soltanto prendendo le distanze è possibile per noi vedere il disegno e comprendere che ci stiamo impantanando in un trattino minuscolo che fa parte del grande fiore di loto che sta sbocciando.

E quel fiore siamo noi.

La parte più Alta di noi

La parte di noi che Vive Serenamente Al Di Sopra Di Tutto. La parte di noi che cantava Battiato nella meravigliosa canzone

“La cura”

“Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie,

dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via.

Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo,

dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai.

Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore,

dalle ossessioni delle tue manie…

perché sei un essere speciale,

ed io, avrò cura di te.”

Lasciamo che a fare sia l’unica vera regina: Sua Maestà l’Anima.

Con la consapevolezza di non essere mai abbandonati.