Amo ascoltare le persone anziane raccontare della loro vita, specialmente di quella che riguarda la gioventù perché quando lo fanno gli occhi perdono gli anni.
Per questo cerco di attirare la loro vicinanza specialmente quando sono in un parco, seduta sulla panchina a leggere.
Gli approcci
Non mi dispiace mai essere interrotta da una voce un po’ tremolante e mi diverte vedere i diversi tipi di approcci.
Le donne anziane sono senza imbarazzo, si siedono e iniziano subito a parlare come se lo stessimo già facendo da prima, lanciando lì una frase tipo «Io glielo avevo detto a Celestina che non era quella la ricetta giusta!» e giù a critiche, che solo lei la sa la ricetta giusta.
Prestare attenzione immediata
Con loro bisogna essere pronte a chiudere il libro e prestare attenzione immediata. Guai a chiedere «Prego?» oppure «Dice a me?» In questo caso rischio che si alzino e vadano via guardandomi come se fossi pazza o rimbambita. «Sto parlando. Zitta e fai attenzione. E che cavolo!»
Permette?
Gli uomini invece con gli anni diventano vergognosi e si fanno tentennanti nei passi e nelle parole. Loro si approcciano quasi sempre con un «Permette?» o «La posso disturbare?» detto mentre indicano la parte della panchina che lascio libera. E danno del lei. Sempre.
Freschettino oggi!
Una volta ricevuto il mio consenso siedono a fatica, fingono di guardare il tronco dell’albero più vicino per quarantacinque secondi e poi attaccano con un commento sul tempo «Freschettino oggi!» detto anche a quarantacinque gradi centigradi.
Di solito assento anche se il sudore mi incolla la maglietta sulla schiena e solo allora loro iniziano sempre con la stessa frase «Ai miei tempi il tempo non era così» e vai con il valzer dei ricordi.
Quella volta che…
Una volta che non mi sentivo tanto per la quale perché l’afa mi annebbiava la vista e trovavo irritante avere accanto un signore con tanto di gilet, giacca e cappello che sembrava perfettamente fresco e a suo agio, risposi «Guardi che questi sono ancora i suoi tempi!»
Fu un errore grande come un palazzo a sette piani costruito su una montagna di tremila metri.
L’ignorante
Se ne andò via, senza aggiungere nemmeno un’esclamazione alla mia frase, con una tristezza enorme negli occhi ma prima di avviarsi ebbe comunque la gentilezza di salutarmi togliendosi il cappello.
Quello fu uno dei momenti della vita che preferirei dimenticare e invece spesso s’intrufola a tradimento nei pensieri pensati poco prima di addormentarmi e allora devo fare i conti con un cuore dolorante che mi sbatte in faccia la cattiveria detta senza cattiveria ma con un’ignoranza imperdonabile.
Signorine e signorini
Non è che tutte le signorine di una certa età critichino Celestina e che proprio tutti i signorini in età avanzata percepiscano i venticinque gradi centigradi come fosse la Siberia, ma la maggior parte sono così. Inoltre c’è da ammettere che anche nei ricordi signorine e signorini si differenziano.
Tutta una sofferenza
Per le prime la vita è stata per lo più una sofferenza indicibile e anche i migliori ricordi risultano imbrigliati in fili di dolore un po’ rabbioso e parecchio rancoroso. Però sono ironiche, molto ironiche e sanno ridere di tutto, anche dei figli allevati con amore e poi visti sparire per egoismo. E hanno sempre una scusa per loro. Sempre una scusa.
Tutti gladiatori
I secondi sono più sbruffoni nei ricordi, a sentir loro non ce n’è uno che da giovane non abbia combattuto contro un drago. Specialmente a Roma.
Discendono tutti dai gladiatori e si portano dietro quella boriosità che alla loro età non fa più danno.
A loro però puoi chiedere consiglio, perché se hai un problema si fanno attenti e sanno dire le parole giuste. Fosse pure solo un «Mi dispiace» che gli parte dal cuore e passa per la tosse cronica che è diventata come una moglie.
A me piace
A me piace parlare con tutti loro e di tutti mi fido.
Tranne di Celestina che sbaglia le ricette.
Niente di personale.