Sembra che l’argomento più gettonato del momento nell’ambiente “spirituale” sia la manifestazione dei nostri desideri. Leggo di tutto in proposito e ognuno si affanna a dare la sua ricetta personale per vivere una vita felice e realizzata.
I tre sul podio
Una vita che vorremmo trascorrere tra amore, soldi e salute. Non ho assegnato a caso la medaglia di bronzo alla salute; in una diretta sui social una maga di Caserta si stupisce del fatto che da un po’ di anni i suoi clienti si dichiarano pronti ad accettare qualche malanno, anche cronico, in cambio di amore e soldi.
Per quale motivo?
La cosa che mi ha colpita di più è stata proprio l’espressione “In cambio di”.
Da dove ci viene la convinzione che per ottenere qualcosa di bello dobbiamo sacrificare una parte di noi?
Non mi risulta nessun testo che diffonda tale concetto.
Forse qualcosa di simile lo possiamo ripescare da credenze popolari e vecchi modi di dire del tipo “Chi bello vuole apparire, un poco deve soffrire”?
La spada di Damocle.
Insomma ci aspettiamo sempre, e sottolineo sempre, che tirando la coperta per coprire le spalle, inevitabilmente i piedi resteranno fuori. In poche parole ci sembra giusto essere puniti in qualche modo per aver osato desiderare il meglio per noi stessi.
Crediamo talmente tanto in questa verità da tirare in ballo anche il Karma di vite passate da scontare. Una mia conoscente, alla quale hanno svaligiato per la seconda volta l’appartamento, se n’è uscita dicendo «Probabilmente nella vita precedente sarò stata una ladra. Infatti non sono affatto sorpresa, sapevo che sarebbe accaduto.» e lo dice spendendo una marea di soldi in antifurti sempre più sofisticati e a quanto pare inefficaci.
Siamo o non siamo degni?
Quindi crediamo di non essere degni? Non meritevoli di ricevere ciò che ci fa stare bene? Ancora ci portiamo dietro il senso di colpa del peccato originale? Molti risponderebbero che non è così, che mi sto sbagliando. Eppure quanti di noi in una serata tra amici, e scrivo amici per dare l’idea di un contesto amichevole, sarebbero disposti a dichiarare «Ho deciso di essere amato, di essere ricco, di godere di una salute di ferro, svolgere un lavoro che mi piace e disporre del tempo necessario per viaggiare e praticare i miei talenti» senza temere di essere giudicati o derisi?
E allora?
E allora è questo il punto. L’ostacolo da rimuovere siamo noi. Inutile seguire pratiche che prevedono frasi fatte, mandate a memoria, da ripetere prima di addormentarsi oppure riti scaramantici che servono soltanto a calarci ancora di più il velo davanti agli occhi facendoci credere che il problema sia fuori di noi.
Tutto pur di non lavorare.
Perché di questo si tratta. Di rimboccarsi le maniche e lavorare su ciò che quotidianamente creiamo nella nostra mente, veicoliamo con le nostre parole e manifestiamo attraverso i nostri sentimenti.
Eppure ci è stato detto «Voi potete fare quanto faccio io e anche di più»
e ancora «Chiedete e vi sarà dato»
ma non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire e peggior cieco di chi non vuole vedere.
Nel secondo volume di “Conversazioni con Dio” di Neale Donald Walsch, Dio dice:
«Io produco ciò voi chiedete, e voi chiedete esattamente ciò che pensate, sentite e dite. È semplicissimo.»
2 Commenti
Grazie Milena, prezioso il tuo segnale mettendo l’accento sul fatto che noi stessi siamo artefici del nostro destino, la difficoltà sta nel fare davvero nostro questo concetto, sembra semplice ma appunto ci dobbiamo lavorare, dal momento che il nostro pensiero crea ed è energia dovremmo volgerlo a nostro favore e chissà quante cose meravigliose potrebbero accadere nella nostra vita, comincio da me prendendomi più sul serio, con affermazioni positive su di me e su cosa desidero avvenga nei miei giorni a venire, con fiducia e ….sipario!
Grazie Elvira💖