Lavoro ai ferri e all’uncinetto da quando avevo dieci anni e ricordo perfettamente il momento in cui iniziai. Fu a causa di Doretta, la figlia della portiera di nonna, che non sopportava il fatto che la Befana avesse portato a me una bambola vestita di tutto punto con giacca e gonnellina azzurra, mentre lei aveva ricevuto solo la calza con i dolci.
A quell’epoca giocavamo spesso insieme in cortile e ancora più spesso tornavo a casa con addosso i segni di una brutta litigata.
Lei me le dava e io di certo non me le tenevo.
Però mi dispiaceva perché a Doretta volevo bene e rimpiangevo i giorni in cui sfogliavamo di nascosto i fotoromanzi della Lancio, che ci passava sua cugina Marianna, spalancando gli occhi e la bocca davanti alle foto in cui gli attori si baciavano.
Trovare la via di mezzo
Perciò nonna mi suggerì di parlare con Doretta cercando un punto d’incontro, mi disse anche che sicuramente avrei dovuto cedere qualcosa, ma che se questo avesse impedito il muro d’astio che si era creato fra di noi, ne sarebbe valsa la pena.
Allora mi feci coraggio e affrontai la situazione chiedendo a Doretta il perché del suo accanimento contro di me.
Rispose che, come sospettavo, era a causa della bambola ricevuta in dono dalla Befana e di quel vestito che indossava.
Anche lei possedeva una bambola, ma la sua era praticamente nuda, fatta eccezione delle mutandine, perché Duilio, il fratello maggiore di Doretta, durante uno dei loro proverbiali litigi, le aveva tagliato il vestito con le forbici.
Senza mezzi termini, la mia compagna di giochi e di botte disse che per tornare amiche del cuore avremmo dovuto dividerci il vestito della mia bambola. A me la giacchetta e a lei la gonnellina.
Aggiunse che avrei avuto solo trenta secondi per decidere e subito iniziò a contare. Al ventisettesimo secondo accettai con le lacrime agli occhi per aver privato la mia bambola di metà del suo completino azzurro.
Tornai a casa con la bambola in giacchetta e mutandine e mi chiusi in camera a meditare sulle ingiustizie della vita.
Mezza soluzione
Una decina di minuti dopo, nonna bussò alla porta ed entrò portando un piatto di pizzelle abruzzesi(una variante più sottile dei waffle) spalmate di crema pasticciera.
Davanti a tanta bontà cedetti e confessai il mio dolore a nonna che uscì dalla stanza per fare ritorno subito dopo con il cesto del suo lavoro che conservava in quello che io chiamavo “lo stanzino delle meraviglie” dal quale tirò fuori un paio di ferri e un gomitolo di lana azzurra dello stesso colore della giacchetta della mia bambola.
Fu così che mentre io facevo merenda lei realizzò, in soli dieci minuti, una gonnellina nuova e in men che non si dica il mio giocattolo preferito era di nuovo vestito a modino.
La ringraziai e poi le domandai il permesso di tornare in cortile per mostrare la nuova gonnellina a quelle strega di Doretta e bearmi del suo stupore.
Ma nonna mi chiese che senso avrebbe avuto compiere un simile gesto la cui conseguenza sarebbe stata solo quella di perpetrare il rancore tra me e la figlia della portiera. Lei voleva che fossimo pari e io avevo creato nuovamente una disparità tra le nostre bambole.
La guardai senza comprendere e le domandai cos’altro avrei potuto fare.
Mi chiese se tenevo davvero all’amicizia con Doretta. Risposi di sì.
“In questo caso troverai la soluzione. Ora vado a preparare la cena” disse prima di uscire dalla mia stanza.
L’altra metà della soluzione
Quando mi chiamò per la cena, la raggiunsi e con aria trionfante dissi di aver trovato la soluzione:
“Farai ai ferri una giacchetta per la bambola di Doretta con la stessa lana che hai usato per la gonnellina della mia”.
La sua risposta mi gelò: “Non se ne parla proprio. Quel lavoro l’ho fatto per te. E non è questo il modo di risolvere. L’idea è giusta ma ci devi arrivare in un’altra maniera. Se vuoi che torni l’amore da te sei tu che devi darne per prima”
“Ma come potrei fare? Io non ho soldi per comprare un vestito alla sua bambola e non so lavorare ai ferri!” Esclamai.
Nonna guardò l’orologio, erano le 20,30 “Hai fatto i compiti?” Chiese.
Le risposi di sì.
“Bene. Allora abbiamo due ore di tempo prima di andare a dormire. Se vuoi ti insegno”
“Ma nonna, stasera c’è Sandokan in televisione!”
“Due ore di tempo, se vuoi ti insegno” ripeté.
Persi la puntata di Sandokan ma riconquistai il cuore di Doretta.
E imparai a lavorare a maglia.
L’eredità
Quando nonna morì mi lasciò in eredità tutto il contenuto dello stanzino delle meraviglie. Trascorsi due giorni chiusa lì dentro ad ammirare ferri, uncinetti, aghi, spilli e quantità inimmaginabili di gomitoli di lana e cotone.
Ce n’erano di ogni colore e per ogni colore ce n’erano di ogni sfumatura.
Quella fu l’eredità della mia vita e il primo maglione che realizzai con sei gomitoli di lana azzurra fu per Amelia, la figlia di Doretta la portiera.
8 Commenti
È bellissima questa storia e la rileggo sempre con piacere.
Sono felice di aver avuto in questo blog lo spazio di scriverla in maniera più compiuta. Grazie sempre del tempo dedicato cara Tiziana.
“Se vuoi che torni l’amore da te, sei tu che devi darne per prima”🌸🌿🩷
Sì. Funziona così 😘
Che bella storia. Anche a me sono capitate storie simili con le amiche. Accadimenti ripetuti che mi hanno fatto soffrire molto, l’ultimo fa sempre traboccare il vaso. Così ho lasciato ma, quando lascio perché un’amica mi fa soffrire o perché non mi sento rispettata, non c’è modo di ricucire l’amicizia, cancello per sempre, il mio cuore dice basta. Magari sbaglio ma è un sentire molto profondo.
Grazie Milena ❤️
Cara Graziella, io mi ripeto sempre una frase che un amico mi disse in risposta al mio pensare di aver sbagliato “Ognuno fa il meglio che può con quello che ha a disposizione in quel momento”.
Detto ciò, c’è sempre modo di agire diversamente in futuro.
Grazie infinite per il tempo dedicato alla lettura🥰
A volte trovare una soluzione sembra quasi impossibile,ma se il ns cuore è connesso trova o ci fa trovare la soluzione migliore o l’ aiuto giusto per chi vi è coinvolto. È stupendo coltivare un’amicizia fino ai gg ns superando e trovando una soluzione ad eventuali piccole o grandi crisi. Ma se dall’ altra parte non c’è la stessa attenzione e amore verso l’altro, solo un silenzio di tomba per orgoglio o altra emozione, insistere non ha più senso, ma almeno si è tentato.
È fondamentale che ci sia una volontà di entrambi. Altrimenti è sano lasciare andare. A me è capitato con una vecchia amica con la quale si era creata una situazione spiacevole che da parte sua non voleva essere risolta. Ho lasciato andare. Dopo anni si è avvicinata lei e mi ha trovata pronta a ricominciare in totale serenità.